Connessioni analogiche tra oggetti, persone, territori ed emozioni:
la materia commestibile come ricerca antropologica
Data: 1-7 Agosto 2018
Partecipanti: Oswald Panighel, Pierluigi Abati, Antonio De Luca, Caterina Iiriti
Tutor: Anna Cellamare (Cozinha Nomade) | Kedy C. Cellamare (Cozinha Nomade)
PROCESSO
“In che modo possiamo creare delle relazioni con le comunità locali, utilizzando la cucina e l’artigianato come elementi di connessione?”
A partire da questa sfida, il gruppo si è avviato verso un percorso di crescita collettiva lavorando “a maglie larghe”; lasciando entrare, cioè, nel progetto di ricerca qualsiasi forma di input che fosse utile all’elaborazione di nuove consapevolezze.
BRAINSTORMING
La prima fase si è concentrata sul rapporto esistente tra i partecipanti e la materia cibo.
INTERVIEWS
La seconda fase, invece, ha voluto aprirsi agli abitanti di Morigerati, che sono stati intervistati a campione. I dati raccolti sono serviti a testare una prima, possibile connessione con le comunità locali, che il gruppo ha prototipato organizzando un workshop estemporaneo di pasta fresca, condotto dalle signore dell’Associazione «L’incontro».
Una delle giornate di progettazione è stata spesa, quindi, per gli STRUMENTI utilizzati: alcuni relativi al food design, altri propri del service design, personalizzati rispetto alle circostanze del laboratorio:
– canvas destinati a raccogliere le idee e a suddividerle per argomento: cibo – artigianato – processi/racconti;
– mappe di connessione finalizzate a tenere le fila del sistema di incontri, scambi e relazioni costruito.
Dopo una prima restituzione collettiva delle idee emerse, il gruppo ha deciso di realizzare un output unico, collettivo.
OUTPUT
Cibo Lento è il nome del progetto di ricerca nato dal laboratorio Magnète, il cui intento è quello di abbattere i confini culturali, di qualsiasi entità essi siano, lavorando su nuovi concetti di identità.
Il concept alla base del progetto guarda al passato, alle memorie olfattive delle origini di ciascuno, e al futuro, alla volontà di scambiarle e contaminarle, perché «l’identità non è una condizione fissa».
L’output fisico del laboratorio è una piccola edizione cartacea, che raccoglie gli odori, le immagini e le parole in forma di poesia di un Cilento nuovo, pronto ad accogliere anche viaggiatori e abitanti stranieri.
Il progetto fotografico inserito nel libricino è il risultato di alcuni momenti di interazione con i locals, durante i quali le persone sono state invitate a degustare ingredienti estranei alla propria cultura di appartenenza. Ne è derivata un’infinita e divertentissima gamma di espressioni facciali, catturate dalla fotocamera.
Le poesie, invece, sono state composte ad hoc dai partecipanti per raccontare gli ingredienti compresi nell’archivio olfattivo. Su alcune delle pagine del volumetto figurano, infine, texture di erbe locali mixate, espressione di una narrazione del territorio di natura tattile – come i libri di Munari – e olfattiva – come un souvenir, da portare a casa dopo un viaggio in Cilento.
L’output immateriale del laboratorio è consistito in una performance in pubblica piazza, durante la quale il gruppo dei partecipanti ha offerto ai presenti dei talismani commestibili, realizzati con spezie sia locali che straniere, lontane dalla cultura gastronomica italiana.